LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
   Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  sul  ricorso  proposto da
 Stablum Dario, assessore  del  comune  di  Bressanone,  elettivamente
 domiciliato  in  Roma,  piazza  di Trevi, 86, presso l'avvocato Maria
 Teresa Barbantini  che  lo  rappresenta  e  difende  unitamente  agli
 avvocati  Bertorelle  Armando e Bertolissi Mario per delega a margine
 del ricorso; ricorrente, contro Noziglia  Danilo;  Bruccoleri  Mario;
 proc.  gen.  c/o  corte  appello  di  Trento;  sindaco  del  com.  di
 Bressanone; intimati.
   E sul II ric. n. 14319/95 proposto da: Bruccoleri Mario e  Noziglia
 Danilo,  in  proprio  e  difensori  di se stessi; e in seguito difesi
 dall'avv. Bruno Rosso e insieme allo stesso domiciliati in Roma,  via
 S.  Fabiano,  25,  c/o  Sergio  Mastrantuone  per  delegati in atti -
 controricorrenti e ricorrenti incidentali  -  contro  Stablum  Dario;
 intimato, avverso la sentenza n. 337/95 del 18 ottobre 1995.
   Sono  presenti per il ricorrente l'avvocato M.T. Barbantini; per il
 resistente B. Rosso con delega in memoria.
   Udita la  relazione  della  causa  svolta  nella  pubblica  udienza
 dell'11  marzo  1996  dal  cons.  rel.  dott. De Musis; la difesa del
 ricorrente  chiede  l'accoglimento  del  ricorso;   la   difesa   del
 resistente chiede il rigetto del ricorso;
   Udito  il  p.m.  in  persona del sost. proc. gen. dott. Martone che
 conclude perche' la Corte ritenga  non  manifestamente  infondata  la
 questione  di  legittimita'  costituzionale della legge della regione
 autonoma Trentino-Alto Adige del 18 gennaio 1962, n. 2,  nella  parte
 in  cui,  pur prostettando come interpretazione autentica, disciplina
 con efficacia retroattiva la materia elettorale;
   Considerato:
     che Danilo Noziglia e Mario Bruccoleri proposero ricorso  avverso
 la  delibera del 6 luglio 1995, con la quale il consiglio comunale di
 Bressanone aveva eletto assessore Dario Stablum, assumendo che costui
 non era eleggibile a tale carica, ai sensi dell'art. 7, quinto comma,
 della legge regionale Trentino-Alto Adige 30  novembre  1994,  n.  3,
 perche' l'aveva ricoperta in precedenza per tre volte consecutive;
     che  il  tribunale  di Bolzano dichiaro' la incompatibilita' alla
 carica e la pronunzia fu confermata dalla Corte d'appello di Trento;
     che il soccombente ha proposto ricorso per cassazione, cui  hanno
 resistito  con  controricorso  il  Noziglia  e il Bruccoleri, i quali
 hanno proposto altresi' ricorso incidentale;
     che  il  ricorso  principale  e  quello  incidentale,  in  quanto
 proposti avverso la stessa sentenza, vanno riuniti;
     che  la  menzionata legge - peraltro riproduttiva sul punto della
 legge  nazionale  25  marzo  1993,  n.  81  -  dispone  che  "non  e'
 immediatamente   rieleggibile   alla  carica  di  sindaco  chi  abbia
 espletato il mandato per tre volte consecutive" (art. 5, comma terzo)
 e che "colui che ha ricoperto la carica di assessore per tre  mandati
 consecutivi  non  puo'  essere  immediatamente  rieletto  alla carica
 medesima" (art. 7, comma quinto), ma prevede solo per il  sindaco che
 "la disposizione di cui al comma terzo (dell'art. 5)  si  applica  ai
 mandati  amministrativi  successivi  alle elezioni effettuate dopo la
 data di entrata in  vigore  della  presente  legge"  (art.  5,  comma
 quarto);
     che  la  riportata  disciplina  induce  a ritenere che, stante la
 specificita' della previsione per ultimo  riportata  in  ordine  alla
 carica  di  sindaco, la disposizione di cui all'art. 7, comma quinto,
 vada intesa nel senso che sono compresi nei tre mandati anche  quelli
 espletati anteriormente al vigore della legge;
     che    e'    manifestamente    infondata    la    eccezione    di
 incostituzionalita'  dell'art.  7,  comma  quinto,  come  piu'  sopra
 interpretato - per contrasto con gli artt. 3 e 51, primo comma, della
 Costituzione   -   eccezione   basata   sul   rilievo  che  la  norma
 concreterebbe compressione del diritto di elettorato passivo priva di
 ragionevolezza poiche' sarebbe arbitrario  presumere  -  come  invece
 hanno ritenuto i giudici del merito - che la permanenza in una carica
 per   tre   volte   consecutive   costituisca   indizio   di  cattiva
 amministrazione;
     che difatti  la  ragione  della  preclusione  presumibilmente  va
 individuata  nell'intento legislativo o di evitare la persistenza del
 potere per molto tempo in capo allo stesso  soggetto  o  soltanto  di
 favorire   un  ricambio  delle  cariche:  e  quindi  non  perche'  si
 attribuisca presuntivamente valenza negativa al mero espletamento  di
 tre mandati consecutivi, ma unicamente perche' l'avvicendamento nella
 carica favorirebbe una migliore amministrazione della cosa pubblica;
     che  costituisce  conferma  della  indicata ratio il fatto che lo
 svolgimento della carica  per  tre  mandati  consecutivi  costituisce
 preclusione  a  ricoprire questa stessa non in via definitiva ma solo
 immediatamente dopo i tre mandati;
     che, pertanto, non si rinviene alcuna irragionevolezza o  intento
 limitativo  dell'elettorato  passivo  che,  in  quanto  tali, possano
 suffragare il denunziato sospetto di incostituzionalita';
     che  e',  altresi',  manifestamente  infondata  la  eccezione  di
 incostituzionalita'  della stessa norma - per contrasto con gli artt.
 3 e 51, primo comma, Costituzione - eccezione basata sul rilievo  che
 la  norma  creerebbe disparita' di trattamento tra cittadini rispetto
 alle cariche di  assessore  e  di  sindaco,  e  peraltro  apparirebbe
 irragionevole,  specie  considerando  che, se del caso, la previsione
 piu' sfavorevole  avrebbe  dovuto  essere  posta  per  la  carica  di
 sindaco,  stante  la  maggiore  rilevanza  delle  funzioni che questa
 attribuisce;
     che, difatti, non sussiste disparita' o irragionevolezza  perche'
 tutti  i cittadini sono assoggettati alla stessa disciplina e perche'
 si tratta di cariche differenti - per  fonte  e  per  funzione  -  e,
 pertanto,  e'  del tutto plausibile che sia diversamente disciplinato
 l'accesso alle stesse;
     che la sopravvenuta  legge  regionale  18  gennaio  1996,  n.  2,
 all'articolo  unico - intitolato "interpretazione autentica del comma
 quinto dell'art.  7 della legge regionale 30 novembre 1994, n.  3"  -
 dispone   che   "ai   fini  della  non  immediata  rieleggibilita'  o
 nominabilita' alla carica di  assessore  di  cui  all'art.  7,  comma
 quinto,  della  legge  regionale  30  novembre  1994,  n. 3, va fatto
 riferimento ai soli mandati gia'  svolti  come  assessore  a  partire
 dalle prime elezioni effettuate ai sensi della legge stessa";
     che tale legge, in quanto estende specificamente all'assessore la
 stessa  previsione che la precedente legge aveva posto per il sindaco
 e  non  anche  per  l'assessore,  e'  contemporaneamente  innovativa,
 perche'  aggiunge  una  previsione  prima inesistente, e retroattiva,
 perche' si qualifica  essa  stessa  quale  legge  di  interpretazione
 autentica;
     che la stessa e' pertanto, applicabile nella specie;
     che,   intesa   come   sopra,   la   legge   appare  sospetta  di
 incostituzionalita', per contrasto con gli artt. 3 e 51, primo comma,
 della Costituzione perche',  immutando  con  effetto  retroattivo  la
 disciplina  della (in)eleggibilita' alla carica di assessore, viola i
 principi di eguaglianza e di  ragionevolezza  in  quanto:  discrimina
 chi,  in  ossequio  alla  legge, non ha posto la sua candidatura alla
 carica, rispetto a chi, in violazione della legge, l'ha invece posta;
 discrimina chi, convinto di non poter ricoprire la carica, non si  e'
 candidato,   rispetto   a  chi,  nonostante  la  preclusione,  si  e'
 candidato; discrimina chi e' stato  eletto  o  nominato  alla  carica
 nonostante  il  divieto  rispetto  a chi invece a questa non e' stato
 eletto o nominato in ossequio al divieto;
     che in sintesi la legge non rispetta il principio di  eguaglianza
 cui  specificamente  l'art.  51 della Costituzione fa' riferimento, e
 che deve  essere  inteso  anche  nel  senso  che  occorre  che  siano
 predeterminate  le  condizioni per  l'accesso alle cariche pubbliche:
 perche' anche questo e' presupposto indispensabile  perche'  tutti  i
 cittadini   versino   in   posizione  di  eguaglianza  rispetto  alla
 competizione elettorale;
     che la legge  in  esame  viola  tale  eguaglianza  in  quanto  e'
 discriminante   dal  momento  che  nella  parte  in  cui  dispone  la
 retroattivita' ha l'unica portata di sanare le  posizioni  di  coloro
 che  illegittimamente sono stati eletti o nominati alla carica, e per
 di piu' in dispregio di coloro che in ossequio alla legge non avevano
 posto la loro candidatura alla carica e di coloro che correttamente a
 questa non erano stati eletti o nominati;
     che il giudizio dev'essere sospeso;